Recensione: Anytime Anywhere, il Film Italiano sui Rider che Supera Pif e Frank Matano

Recensione: Anytime Anywhere, il Film Italiano sui Rider che Supera Pif e Frank Matano

Premessa

La figura dei rider è diventata parte integrante del paesaggio urbano, visibile quotidianamente e ancor di più durante il biennio della pandemia Covid 2020-2022. Tre film hanno esplorato questo mondo. Il primo è L’ultimo piano, un’opera originale realizzata da un collettivo di nove registi, i cui nomi comprendono Giulia Cacchioni, Marcello Caporiccio, Egidio Alessandro Carchedi, Francesco Di Nuzzo, Francesco Fulvio Ferrari, Luca Iacoella, Giulia Lapenna, Giansalvo Pinocchio, Sabrina Podda. Questo progetto, nato dalla scuola di cinema Gian Maria Volonté di Roma, ha fatto la sua apparizione al Festival di Torino nel dicembre 2019, per poi essere disponibile su Rai Play nel 2020. Il personaggio principale è Matias, interpretato da Simone Liberati, un rider che attraversa Roma con una mascherina distintiva, navigando relazioni occasionali e affrontando una realtà distopica caratterizzata dalla malattia, dalla competizione e dalla mancanza di solidarietà intergenerazionale.

Evoluzione cinematografica del tema

Il secondo film significativo è E noi come stronzi rimanemmo a guardare (2021) di Pierfrancesco Diliberto, noto come Pif. Presentato alla Festa del Cinema di Roma, combina diversi generi come fantascienza, satira e dramma. La storia ruota attorno a Arturo Giammaresi, interpretato da Fabio De Luigi, che perde il lavoro a causa di un algoritmo da lui stesso creato e finisce per lavorare come rider. Anche se la critica politica è efficace, la rappresentazione del lavoro di rider appare poco convincente, a differenza della performance intensa di Liberati nel precedente film.

Il film Anytime Anywhere

Infine, il più recente aggiunta al tema è Anytime Anywhere, che racconta la storia di Issa, un rider senegalese a Torino, critico nei confronti delle disuguaglianze sociali. Diretto da Milad Tangshir e co-scritto da Daniele Gaglianone, il film ha debuttato alla Mostra del Cinema di Venezia, guadagnando il Premio Luciano Sovena per la Miglior Produzione Indipendente. La trama evidenzia l’intercambiabilità dei rider in base alla razza e alle condizioni socio-economiche, mostrando il percorso di Issa mentre si adatta al lavoro di rider dopo aver perso il proprio lavoro.

Il contesto di Torino

Il film ricrea in modo incisivo il contesto torinese, evidenziando la vita quotidiana di Issa attraverso autobus, mense, e mercati. Quando la sua bici viene rubata, inizia un’odissea per ritrovarla, richiamando alla mente Ladri di biciclette (1948), in un parallelo significativo.

Conclusioni

Pur non raggiungendo i livelli di impatto emotivo di Matias ne L’ultimo piano, Anytime Anywhere si distingue come una rappresentazione autentica del lavoro precario e delle sue sfide. La narrazione riesce a coniugare momenti leggeri nella vita di Issa con un crescendo di tensione e indignazione, culminando in un finale avvincente. La pellicola pone l’accento su tematiche di integrazione e di conflitto interpersonale, lasciando lo spettatore con riflessioni profonde sulla società contemporanea.

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Scritto da Augusto Clerici
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